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A un chilometro da Urbania, in direzione Sant’Angelo in Vado, si impone il “Barco”, residenza di caccia dei duchi di Urbino, che domina un’area naturale con alberi e prati. Il luogo fu sede di villeggiatura per celebri umanisti e poeti del Rinascimento, tra i quali il Tasso che ne cantò le lodi. Il Barco di Casteldurante è collegato al Palazzo Ducale da un miglio di fiume che cavalieri e dame risalivano in barca. Originariamente costruito in forma quadrilatera con un cortile interno, fu rimaneggiato da Girolamo Genga nei primi decenni del XVI secolo e, verso la metà del ‘700, diventato convento, venne modificato internamente con l’inserzione della chiesa di San Giovanni Battista, su progetto di derivazione vanvitelliana. Durante i recenti lavori di restauro sono stati riportati alla luce nella stanza del refettorio dei frati francescani, affreschi risalenti al ‘700, tra cui una “Ultima cena” del pergolese Gianfrancesco Ferri.

Il Barco ospiterà i laboratori del Museo Civico, attrezzati per corsi di artigianato artistico e di ceramica con sezioni di foggiatura, decorazione e restauro. Saranno esposti frammenti di maiolica, pezzi del revival durantino, ceramiche popolari, opere di Federico Melis e manufatti in raku. Si prevede di destinare una parte del complesso ad usi ed eventi culturali di alto livello. I laboratori del Museo al Barco Ducale fanno parte del circuito “Museo del Metauro” della Comunità Montana Alto e Medio Metauro, assieme al Museo della Città di Urbino e al Museo di San Francesco di Mercatello sul Metauro.

Storia

L’esistenza del Barco è legata ai duchi di Urbino, che scelsero Casteldurante come residenza alternativa a quella urbinate e che, unitamente al Palazzo Ducale, privilegiarono questo luogo ameno per lo svago di corte. Qui soggiornarono celebri umanisti e poeti della Rinascenza, come Torquato Tasso, che proprio in questa cornice trovò ispirazione per comporre la “Canzone al Metauro”, che il poeta scrisse per celebrare l’ospitalità dei Della Rovere. Sulla base di questa memoria è stato istituito nel 1994 ad Urbania l’annuale Premio letterario Metauro. Il Barco e il Palazzo Ducale si configurano come i due fulcri ducali, uniti anche da un tratto del fiume Metauro che permetteva il collegamento fluviale tra le due residenze.

Le origini del Barco risalgono al 1465, quando il duca Federico da Montefeltro decise di trasformare un largo appezzamento di terreno in una riserva di caccia. Entro l’area prescelta si trovavano già dalla fine del 1200 un convento ed una chiesa, non più esistenti, dedicati a San Giovanni Battista, edificati dai francescani minori nelle vicinanze della riva del fiume. Nel corso degli anni, queste originarie strutture subirono modifiche ed ampliamenti, soprattutto all’epoca dell’ultimo duca di Urbino, Francesco Maria II Della Rovere. Egli elesse infatti come sua dimora stabile il Palazzo di Casteldurante e, a differenza dei suoi predecessori che vi scendevano solo nei mesi più caldi dell’anno, vi dimorava per intere stagioni. Se in precedenza soggiornava nelle stanze del convento, alcune delle quali costruite per suo padre Guidubaldo II, dal 1594 cominciò a far edificare una casa, in più fece apportare modifiche al convento e realizzare un giardino privato indipendente il brolo. La residenza, inserita nel più ampio e selvaggio parco di caccia, offriva le attrazioni di una campagna incolta, ma al tempo stesso addomesticata dall’uomo, che poteva coniugare scopi religiosi e intellettuali altrimenti impraticabili in una tradizionale riserva di caccia.

Quando, nel 1631, l’ultimo duca di Urbino morì, tutto passò nelle mani dei francescani, pur rimanendo incerto il possesso dell’intera area del Barco, rivendicata dai frati ma posseduta dai duchi di Urbino da generazioni. A metà del 1700 si decise di sostituire le strutture del vecchio convento, ormai fatiscenti, con un edificio costruito su un terreno più sicuro, ad una certa distanza dagli argini del fiume, realizzazione sollecitata anche dai gravi danni arrecati dal terremoto del 1741. Il nuovo complesso, dove ha sede il Museo, è un ex convento edificato nella seconda metà del ‘700 nell’ampia area del Barco Ducale, che fu progettato dal bresciano fra’ Giuseppe Antonio Soratini, monaco camaldolese e abile architetto, unitamente alla chiesa, iniziata nel 1759 e consacrata nel 1771. Rimane come preziosa testimonianza del lavoro progettuale svolto in quest’epoca un modello ligneo conservato presso il Museo Civico di Urbania.

Con la demanializzazione del 1866 il convento passò al Comune di Urbania che lo trasformò prima in ospizio per invalidi, poi dopo la seconda guerra mondiale fino al 1990, venne utilizzato come casa di riposo per anziani, infine, con il recente restauro, è stato adibito a sede di laboratori artigianali, parte integrante ed attiva del Museo del Barco Ducale. Il Museo è in fase avanzata di allestimento come centro di pratica dell’artigianato artistico in memoria del durantino Cipriano Piccolpasso, maestro dei segreti della ceramica del Rinascimento e autore del fondamentale trattato didascalico “Li tre libri dell’arte del vasaio”, opera in cui si occupa della pratica della ceramica in Casteldurante. E’ anche grazie a questo illustre precedente che la tradizione ceramica durantina si è mantenuta nei secoli e ancora oggi sono attive numerose botteghe artigianali che si dedicano a quest’arte. Sono inoltre in corso studi sugli affascinanti affreschi rinvenuti nel refettorio durante il restauro del 2008.

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