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Sede: Largo San Giacomo 2 – Pergola

Apertura:
tutti i giorni dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle ore 15.30 alle 18.30
lunedì chiuso
Luglio e Agosto:
dalle ore 10.00 alle 12.30 e dalle ore 15.30 alle 19.00 (aperto tutti i giorni)
Si effettueranno aperture straordinarie su prenotazione.

Informazioni:
Tel. 0721 734090 – 0721 7373271
www.bronzidorati.com
museo@bronzidorati.com
museo.bronzidorati@libero.it

Il Ritrovamento

I Bronzi Dorati da Cartoceto di Pergola rappresentano uno dei rarissimi gruppi scultorei equestri giunti fino a noi dal mondo antico. Alcune centinaia di frammenti di bronzo dorato, del peso 9 quintali furono rinvenuti casualmente il 26 giugno 1946 in località Santa Lucia di Calamello, presso Cartoceto (Pergola, PU), durante alcuni lavori agricoli da parte di due contadini. Il rinvenimento fu segnalato dal canonico Giovanni Vernarecci, all’epoca ispettore onorario di Fossombrone. Grazie alla sua testimonianza dattiloscritta siamo a conoscenza della circostanza fortunosa del ritrovamento e delle sua effettuazione in stato di emergenza. Il recupero dei reperti è stato effettuato dal Vernarecci e da Nereo Alfieri, ispettore della Soprintendenza alle Antichità delle Marche.

La rarità di rinvenimento di tale tipologia bronzea trova la spiegazione in vari fattori: la facilità di riutilizzo di questo metallo; la furia iconoclasta prima cristiana poi musulmana; le guerre ed i saccheggi. Tutto ciò ha reso il ritrovamento eccezionale. I Bronzi sono stati oggetto di vari restauri. Il primo (condotto tra il 1948 ed il 1959), il secondo (compiuto fra il 1975 ed il 1986) ed una revisione delle superfici (resasi necessaria nel 1993) hanno garantito sia la conservazione delle sculture, con il ritorno alla pristina condizione, sia la “codificazione” del complesso e la ricomposizione di 318 frammenti nei quattro personaggi, due maschili a cavallo e due femminili stanti.. In ogni caso, i bronzi di Cartoceto hanno un rilievo non tanto estetico- artistico (pur trattandosi di una discreta opera artigianale) ma acquistano valore dal fatto di essere una concreta testimonianza di quell’enorme diffusione di immagini monumentali a scopo propagandistico, tipica del mondo romano dalla tarda repubblica in poi.

La Contesa
Il gruppo per la straordinaria rilevanza archeologica è stato oggetto di un lunga e dura contesa tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle Marche e il comune di Pergola su chi dovesse tenerlo in custodia e dove. Le due sedi in lizza sono il Museo archeologico nazionale delle Marche di Ancona, dove è stato esposto fino al 1972, e il Museo dei Bronzi dorati di Pergola. Successivamente si è giunti ad un compromesso che vede l’alternarsi dei bronzi dorati originali e di una perfetta copia tra le due sedi. Un’altra copia che rappresenta i bronzi dorati non allo stato di conservazione attuale, ma nello splendore originale, è posizionata in Ancona sul tetto di palazzo Ferretti (sede del Museo archeologico nazionale delle Marche) come simbolo dell’archeologia marchigiana. Nel 2008 una sentenza (n. 3066) del Consiglio di Stato ha affidato in via definitiva le opere al comune di Pergola ed al suo museo.

Tecnica e Materiali
Le sculture sono realizzate con la tecnica fusoria della cera persa indiretta, la lega metallica utilizzata è di rame con tracce di piombo, e successivamente alla fusione è stata applicata una doratura a foglia.

Identificazione

Il gruppo è composto da due cavalieri, due donne e due cavalli. Tutti i personaggi probabilmente facevano parte di un’unica famiglia di rango senatoriale. L’identificazione dei personaggi è incerta e nel tempo si sono susseguite diverse ipotesi. Una prima teoria identificava il gruppo nell’ambito della famiglia imperiale dei Giulio-Claudi; secondo questa ipotesi le statue, erette tra il 23 e il 29 d.C e distrutte intorno al 30 d.C., ritraevano le figure dei cavalieri come Nerone Cesare figlio di Germanico e Druso III e le donne come Livia Drusilla e Agrippina maggiore.

L’ipotesi attualmente più accreditata prevede una datazione nell’età cesariana tra il 50 a.C. e il 30 a.C. e identifica i personaggi come appartenenti ad una prestigiosa famiglia magnatizia d’alto rango forse in qualche modo legata al territorio marchigiano. All’interno di questo inquadramento storico rimangono diverse ipotesi di identificazione: le proposte di identificazione spaziano, a seconda degli studiosi, tra la gloriosa e ricchissima stirpe dei Dominizi Enobarbi ed il connubio adottivo tra Marco Satrio, senatore e probabile patrono di Sentinum, odierna Sassoferrato) e il cuprense Lucio Minucio Basilo, luogotenente di Giulio Cesare e futuro Cesaricida. Una teoria ancora più recente, elaborata dal Prof. Viktor H. Böhm dell’Università di Vienna, sulla base di numerosi indizi vedrebbe il gruppo collocato originariamente nell’esedra dell’Heraion di Samo e i personaggi appartenenti alla famiglia di Marco Tullio Cicerone, identificando con il cavaliere Cicerone stesso.

Cavaliere
Il cavaliere che si è meglio conservato è un uomo maturo (l’apparenza è quella di un uomo tra i 40 e i 50 anni circa), il cui abbigliamento (paludamentum e tunica) lo identifica come un militare di alto rango in tempo di pace, un patrizio o un senatore che, assieme all’altro cavaliere deve avere assolto con pieno merito importantissimi incarichi militari. circostanza questa che è confermata dal braccio destro elevato come segno di pace e non di saluto, poiché la mano arriva solo all’altezza del capo, senza superarlo. L’osservazione del viso ci permette di conoscerne i lineamenti essenziali: il personaggio presenta due larghe stempiature, fra le quali si inserisce una ciocca di capelli portata a sinistra, verso la fronte, il naso è aquilino, gli occhi sono molto vicini fra loro, l’espressione della bocca è seria. Dell’altro cavaliere non rimangono che pochi frammenti.

Donna

Fra i quattro personaggi, la donna identificata in una prima ipotesi come Livia è quella che si presenta maggiormente integra, tanto che nelle operazioni di restauro sono state inserite poche e non essenziali parti mancanti. Si tratta di una dama avanti negli anni, i capelli divisi ordinatamente al centro della fronte e la civetteria di unico ricciolo all’altezza delle due orecchie. Un’acconciatura di derivazione ellenistica, in uso fra le matrone romane della seconda metà del I secolo a.C. che ha contribuito all’elaborazione delle ultime teorie. L’abbigliamento è stretto e impenetrabile, a testimonianza della forte personalità della dama. La donna indossa la stola e sopra di questa la palla che copre anche il capo. Il braccio destro è piegato verso l’alto; il braccio sinistro è accostato al corpo ad angolo retto. All’anulare della mano sinistra la Dama porta un anello d’oro, che indica l’appartenenza della sua famiglia all’Ordine Equestre, a testimonianza dell’altissimo rango sociale dei personaggi del Gruppo.

Cavalli

L’atteggiamento dei cavalli è maestoso, il collo eretto, una zampa anteriore sollevata ed una posteriore avanzata ad accennare il passo, esempio di una posa poi cara al gusto trionfalistico romano. I due stalloni non portano una sella, ma un panno a orlo dentellato, fermato da un sottopancia e, sul davanti, da un pettorale riccamente decorato con un thiasos marino (Nereide e Tritone che reggono uno scudo, più cavalli marini e delfini). Non si tratta di semplici ornamenti, ma chiari riferimenti al rapporto fra i personaggi ed il mare. Le criniere sono tagliate corte, il ciuffo (perduto nel cavallo senza cavaliere) è raccolto verso l’alto da un anello. Le stupende bardature delle teste sono arricchite con piastre di metallo (fàlere) che riproducono dèi della religione romana. Anche in questo caso non si tratta di semplici ornamenti, ma di decorazioni equestri con funzione di protezione divina.

Sulla fronte del cavallo con cavaliere, le fàlere riproducono la testa (protome) di Venere e il dio Marte in posizione di riposo ed un semplice disco vuoto con un punto al centro. Sul lato destro della testa sono raffigurate la dea Giunone (in alto), la dea Minerva (in basso), sul lato sinistro il dio Marte (in alto) e il dio Mercurio (in basso). Sulla fronte del cavallo senza cavaliere le fàlere riproducono una protome di Giove, il dio Marte in posizione di riposo e una protome di forma leonina. Sul lato destro della testa, sono raffigurate la dea Minerva (in alto), la dea Giunone (in basso), mentre sul lato sinistro il dio Marte (in alto) e il dio Mercurio (in basso).

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